di: Oscar Bettelli
La matematica è invenzione o scoperta? Descrivere un algoritmo dal punto di vista matematico non implica necessariamente l'implementabilità reale dell'algoritmo su un calcolatore. Matematicamente se ne definisce semplicemente l'esistenza. Il matematico non si preoccupa di sapere se gli algoritmi che definisce possano avere un qualche aspetto pratico.
Persino nei problemi in cui è chiaro che esistono algoritmi risolutori ed anche il modo per costruirli, possono richiedersi molta ingegnosità e duro lavoro per sviluppare tali algoritmi in qualcosa di utilizzabile. Fra i problemi matematici che hanno natura algoritmica, ci sono alcune classi di problemi che sono intrinsecamente molto più difficili da risolvere algoritmicamente di altre. La teoria che si occupa di problemi di questo tipo si chiama teoria della complessità.
Un parametro importante di classificazione degli algoritmi è il tempo necessario per l'esecuzione, correlato al numero di cicli che una macchina deve eseguire. Un secondo parametro consiste nella dimensione del problema: n.
Una prima classe è caratterizzata da un tempo polinominale di esecuzione (proporzionale a potenze di n ): classe P. Esiste una categoria importante di classi di problemi risolvibili algoritmicamente caratterizzati dal fatto che la soluzione può essere controllata in un tempo polinomiale : classe NP. I problemi NP si presentano in molti contesti, sia all'interno della matematica sia nel mondo pratico, per esempio:
- il problema dell'orario delle lezioni.
- il problema del circuito di Hamilton
- il problema del commesso viaggiatore
In generale i problemi che sono in P sono considerati trattabili, mentre i problemi che sono in NP e non sono in P sono considerati intrattabili, ossia pur essendo risolubili in linea di principio non sono solubili in pratica.
Ulteriori considerazioni riguardo al rapporto che esiste tra il mondo teorico ed il mondo pratico ci vengono suggerite dalla teoria quantistica della materia. Nella fisica classica esiste, in accordo con senso comune, un mondo obiettivo "esterno". Tale mondo si evolve in modo chiaro e deterministico, ed è governato da equazioni matematiche ben precise. Questo vale per le teorie di Maxwell e di Einstein come per l'originario sistema newtoniano. Si ritiene che la realtà fisica esista indipendentemente da noi, e come sia esattamente il mondo fisico non dipende dal nostro criterio di osservazione. Inoltre, il nostro corpo e il nostro cervello fanno parte anch'essi di tale mondo. Il nostro corpo e il nostro cervello si evolverebbero secondo le stesse equazioni classiche precise e deterministiche. Tutte le nostre azioni potrebbero essere fissate da queste equazioni, per quanto noi possiamo pensare che il nostro comportamento sia influenzato dalla nostra volontà cosciente.
Un tale quadro sembra costituire lo sfondo delle argomentazioni filosofiche più serie sulla natura della realtà, delle nostre percezioni coscienti e del nostro (apparente?) libero arbitrio. Qualcuno potrebbe avere lo sgradevole convincimento che in tutto questo dovrebbe svolgere un ruolo anche la teoria quantistica: quel sistema fondamentale ma sconvolgente sorto, nei primi decenni del nostro secolo, da osservazioni di sottili discrepanze fra il comportamento reale del mondo e le descrizioni della fisica classica. A molti l'espressione "teoria quantistica" evoca semplicemente la vaga idea di un principio di indeterminazione che a livello di particelle, atomi e molecole, proibisce la precisione nelle nostre descrizioni e fornisce semplicemente un comportamento probabilistico. In realtà le descrizioni quantistiche sono molto precise, anche se radicalmente diverse da quelle della fisica classica. Nonostante la diffusione di un'opinione contraria, le probabilità non hanno origine al livello delle particelle, degli atomi o delle molecole - che si evolvono in modo deterministico - bensì, a quanto pare, attraverso una qualche misteriosa azione su scala maggiore connessa con l'emergere di un mondo classico che noi possiamo percepire in modo cosciente. Non è un inutile sforzo tentare di capire in che modo la teoria quantistica ci costringa a modificare la nostra concezione della realtà fisica.
Si tende a pensare che le discrepanze fra teoria quantistica e teoria classica siano molto piccole, ma in realtà esse sono alla base di molti fenomeni fisici su scala ordinaria. L'esistenza stessa dei corpi solidi, la resistenza e le proprietà fisiche di materiali, la natura della chimica, i colori delle sostanze, i fenomeni di congelamento e dell'ebollizione, il grado di precisione della trasmissione ereditaria: queste e molte altre proprietà familiari possono essere spiegate solo con l'aiuto della teoria quantistica. Esistono interpretazioni differenti dei principi della teoria quantistica, che portano alle stesse osservazioni fisiche. Alcuni sostengono che non esiste una "realtà" esterna. La realtà emergerebbe alla nostra coscienza solo in relazione ai risultati di "misurazioni". Altri sostengono che la realtà fisica obiettiva è descritta dallo "stato quantico". Esiste un rapporto molto strano tra l'evoluzione temporale dello stato quantico e il comportamento reale del mondo fisico che si può osservare: ogni volta che eseguiamo una "misurazione" dobbiamo scartare lo stato quantico (che abbiamo laboriosamente sviluppato) e usarlo solamente per calcolare varie probabilità che lo stato "salti" all'uno o all'altro di un insieme di "nuovi" stati possibili che automaticamente si generano. L'osservatore viene direttamente chiamato in causa, con i suoi strumenti di misura, nel determinare l'evoluzione del sistema.
Alcune strane conseguenze di questo "salto" dello stato quantico sono le seguenti:
- una misurazione in un determinato luogo può causare (istantaneamente) il verificarsi di un salto in una regione (infinitamente) lontana (una correlazione che viaggia più veloce della luce!).
- Se un oggetto può percorrere separatamente due vie alternative, si comporta come se le percorresse entrambe contemporaneamente, a volte con l'effetto di annullarle entrambe(interferenza).
- Una particella può apparire (come se fosse presente) simultaneamente in due luoghi diversi.
- Le particelle non hanno descrizioni individuali, ma devono essere considerate tutte assieme.
- Diverse particelle dello stesso tipo non possono avere identità separate l'una dall'altra.
- La quantità della rotazione (spin) di una particella è sempre la stessa per il particolare tipo di particella, la direzione dell'asse di rotazione può variare ma solo per valori interi o seminteri.
- Ogni particella ha contemporaneamente una natura corpuscolare e una natura ondulatoria.
- In un fascio di particelle (per esempio fotoni) ognuna di esse sa, ad ogni istante, che cosa stanno facendo le altre e si comporta di conseguenza.
- Il fenomeno dell'interferenza non è soggetto a limiti spaziali né a limiti temporali.
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