La scuola è (o dovrebbe essere) il luogo dell’apprendere. E’ naturale pensare che il come si apprende potrebbe essere rilevante per il suo funzionamento ma, stranamente, nessuna di queste discussioni se ne occupa. E’ dato per scontato. D’altra parte, cosa c’è di più naturale: si prende un libro, si legge, si studia e alla fine si sa. Si tratta solo di migliorare questo processo. E invece no. Il perno centrale di questo tipo di apprendimento è il testo scritto e, infatti, esso viene chiamato tecnicamente “simbolico-ricostruttivo”. La conoscenza da apprendere è formulata in linguaggio verbale; quindi, in simboli. Bisogna innanzitutto decodificare questi simboli, il che significa recuperare attraverso il loro significato ciò a cui essi si riferiscono (e questa è la parte simbolica); poi bisogna assemblare questi referenti “ricostruendo” le situazioni, gli stati di cose che le frasi del testo descrivono.
Tutto avviene nella mente: sia gli oggetti ricostruiti che i processi con cui vi si opera sono mentali. Questo lavorio mentale è cosciente e richiede attenzione: è poi più o meno difficile a seconda del numero e del tipo di operazioni che bisogna compiere per effettuare correttamente la ricostruzione. La sua caratteristica fondamentale è che non dipende dalla realtà: il testo è totalizzante e autosufficiente (al più rimanda ad altri testi); la conoscenza vi è completamente incapsulata. Se si fa bene il lavoro di lettura, decodificazione e ricostruzione, si apprende. Siccome questi lavori sono interamente mentali, l’ambiente di apprendimento migliore è quello che permette di svolgerli meglio, quello più adatto a mantenere attenzione e concentrazione; quindi un ambiente il più possibile privo di stimoli percettivi provenienti dalla realtà: la biblioteca o lo studio.
'via Blog this'
Nessun commento:
Posta un commento