venerdì 26 settembre 2008

La formazione di concetti

di: Oscar Bettelli
Esiste un collegamento immediato fra categorizzazione percettuale e memoria, come si può desumere dall'esistenza di una coscienza primaria presente anche negli animali.
Esiste un aspetto centrale nella funzione cerebrale che concerne concetti e la formazione di concetti.
Concetti diversi non solo possono essere collegati in ordini particolari durante il pensiero ma possono anche concernere gli ordinamenti che implicano memoria e successione spaziotemporale.
I concetti sono necessari per la formazione della memoria di valori e categorie ritenuta essenziale per la coscienza primaria.
I concetti sono difficili da definire e la loro esistenza e le loro basi neurali devono essere inferiti indirettamente dai dati sperimentali.
Inoltre si è tentati di considerare i concetti come proprietà del linguaggio; ma non è così.
Si può infatti sostenere con buone ragioni che anche animali privi di vere capacità linguistiche, come gli scimpanzé, hanno concetti e che i concetti vengono acquisiti prima del linguaggio. Occorre resistere alla tentazione di pensare che i concetti siano semplicemente immagini mentali o che siano essi stessi il linguaggio del pensiero.
Un animale capace di formare concetti è in grado di identificare una particolare cosa o azione e controllarne il comportamento futuro, in un modo più o meno generale, proprio sulla base di tale identificazione: in particolare agisce come se fosse in grado di formare giudizi fondati sul riconoscimento dell'appartenenza a categorie o di integrare particolari in universali.
Tale riconoscimento non solo si fonda sulla categorizzazione percettuale, ma deve essere anche relazionale.
Le capacità di formazione dei concetti devono permettere la valutazione delle conseguenze obiettive di azioni e la generalizzazione da una classe di stimoli a un'altra, e devono essere in grado di assimilare contenuti nuovi.
Durante l'evoluzione e anche nell'individuo i concetti precedono il linguaggio e il significato.
La formazione dei concetti precede la semantica.
I concetti prendono l'avvio dai materiali forniti dall'apparato percettuale, sono costruiti dal cervello e richiedono la memoria.
Diversamente dalla parola, non sono convenzionali o arbitrari non sono legati a una comunità linguistica e non dipendono da una presentazione sequenziale.
Nella loro forma più complessa, i concetti possono servire di base a schemi di immagini, compendiando una varietà di situazioni fisiche generali.
La formazione di concetti è relazionale, può essere usata per l'identificazione e per un'ulteriore generalizzazione su cose e rapporti nel mondo ed è perciò una condizione necessaria ma non sufficiente per la semantica nella misura in cui nell'uso presente consideriamo i concetti diversi da parole, significati e linguaggio.
Queste considerazioni suggeriscono che la capacità di avere concetti deve aver richiesto l'evoluzione di regioni cerebrali capaci di particolari funzioni, evolutesi in epoche più recenti ma tuttavia fondate strutturalmente sulle funzioni anteriori della categorizzazione percettuale, della memoria e dell'apprendimento.

giovedì 25 settembre 2008

Sonno e apprendimento

di: Enrico Loi
Il nostro cervello è dotato di un'area che controlla l'apprendimento. Il sonno favorirebbe quest'area conferendo alle persone un miglioramento della capacità di apprendimento. Questo è quanto suggerisce un nuovo studio svolto da ricercatori dell'Università Wisconsin-Madison. In pratica, dormire non costituisce solamente una modalità di “standby”, bensì un rafforzamento neurologico che consente di assimilare informazioni “fresche” con un conseguente consolidamento di nuove abilità. La scoperta è stata fatta dopo aver monitorato il cervello di alcune persone prese in considerazione per la ricerca. Esse sono state sottoposte a misurazioni dei segnali elettrici cerebrali dopo essersi cimentate con un gioco elettronico prima di coricarsi. I risultati hanno mostrato che i soggetti che si erano cimentati bene nel gioco esibivano un incremento dell'attività di un'area del cervello, situata nella zona superiore dell'emisfero destro. Lo stimolo non era il medesimo nelle persone che non avevano giocato, l'area di costoro mostrava un'attività del tutto normale. Secondo gli autori della ricerca il sonno rappresenta un valido metodo fisiologico per migliorare i meccanismi di determinate strutture cerebrali. Tali mutamenti conferirebbero alle persone un concreto miglioramento delle prestazioni. I risultati della ricerca sono stati pubblicati dal periodico “Nature”.
Istituzione scientifica citata nell'articolo:
University of Wisconsin-Madison

venerdì 19 settembre 2008

Database associativi: ecco come ragiona un essere umano

di: Oscar Bettelli

Il modo di ragionare umano utilizza in maniera elastica le associazioni esistenti tra concetti, parole e simboli del contesto discorsivo.
La tecnologia dei data base si è soffermata principalmente sulle relazioni esistenti tra entità; le relazioni sono delle associazioni prefissate e definite logicamente e rappresentabili con funzioni. Nel flusso normale di un colloquio le associazioni svolgono un ruolo predominante e determinano la direzione del discorso.
Una difficoltà all'apparenza insormontabile che si presenta agli studiosi della dinamica delle associazioni consiste nel fatto che ogni cosa può essere associata a qualsiasi altra in maniera completamente arbitraria, il reticolo di rimandi aumenta a dismisura.
Un modo per rappresentare oggetti consiste nell'attribuire un nome ad ogni parte di interesse. Una tipica associazione può essere descritta come xn - x1,x2,...,xk un nome xn associato a k nomi distinti. Un metodo di costruzione di grafi di associazioni particolarmente efficienti è basato sulla struttura ad ipercubo.
Si può dimostrare che navigando in un grafo con struttura ad ipercubo è possibile raggiungere ogni nodo con un numero ottimale di passi. Le associazioni possono essere classificate in associazioni dirette o associazioni mediate da termini intermedi.
È possibile infatti connettere due nodi passando attraverso altri termini e realizzare una associazione indiretta. È sorprendente la facilità con cui la mente utilizza le associazioni senza esserne sopraffatta; quando si sperimenta con un computer un numero di associazioni significativo ci si trova di fronte a tempi di risposta eccessivamente lunghi.
Inoltre occorre un criterio di scelta o di discernimento per evitare che troppe associazioni blocchino il procedere normale del colloquio. Probabilmente nel cervello interviene il tipo di memoria olistica che consente la contemporanea elaborazione di molte associazioni.
Rimane comunque fondamentale l'attività cosciente legata all'attenzione che consente di decidere quali associazioni sono significative in un determinato contesto.
Algoritmi costruiti sulla dinamica associativa, pur essendo interessanti per le prestazioni pseudo-umane che presentano, mostrano una decisa carenza per quanto riguarda la capacità di selezionare i termini pertinenti rispetto al complesso di associazioni che vengono attivate. È possibile, concettualmente, rappresentare una associazione come un percorso definito in un grafo di relazioni.
Le relazioni sono gestibili a calcolatore, ne consegue che le associazioni possono essere manipolate con algoritmi opportuni. Si pone però un problema: i grafi che rappresentano associazioni reali sono dinamici, si modificano nel tempo.
Diviene quindi interessante lo studio di algoritmi dinamici che consentano un'ottimizzazione delle relazioni e di conseguenza delle associazioni. È possibile definire una metrica sul grafo che consente la costruzione di intorni, relativamente ai nodi, simulando un comportamento analogo a quello che si otterrebbe con l'utilizzo di fuzzy-sets.
Per concludere il concetto di associazione si dimostra di estremo interesse nella progettazione di data base con prestazioni più elastiche di quelle ottenibili dalla tecnologia classica.
Per simulare le prestazioni analogiche umane, il concetto di associazione occupa un posto centrale nella logica degli algoritmi a calcolatore.
Resta necessario uno sforzo della comunità scientifica per lo studio delle caratteristiche che il concetto di associazione comporta per le future tecnologie informatiche.

giovedì 18 settembre 2008

In-formazione

Fonte: Freenfo
di: Zret
Che cos'è l'informazione ?
L'informazione, pur essendo trasmessa attraverso un medium materiale, tende a sconfinare in una dimensione quasi immateriale.
Moltissimi testi spiegano che il segno è composto da due parti inscindibili, ossia il significato ed il significante.
Quest'ultimo è definito generalmente come la parte materiale del segno, ma tale interpretazione è, a mio parere, errata poiché sebbene il significante (la forma del segno) sia veicolato da un substrato materiale, esso è, però, un'immagine acustica, grafica, olfattiva del segno, una sorta di eco della materia.
Si aggiunga che il significato è immateriale, coincidendo con il concetto, con l'idea e si capirà per quale motivo il messaggio all'interno di un sistema comunicativo sia qualcosa di quasi-incorporeo.
A rendere l'informazione una realtà molto labile, contribuiscono fattori spaziali e temporali: si pensi ai segnali luminosi cosmici che percepiamo o con gli occhi o con strumenti tecnologici.
Sono segnali che, viaggiando alla velocità della luce, ci raggiungono dopo un tempo lunghissimo in relazione alle distanze siderali: talora sono “informazioni” di astri che non esistono più. È quindi un messaggio inattuale.
Si aggiunga all'interno del sistema della comunicazione il ruolo del rumore, ossia il disturbo sulla trasmissione del messaggio. Si consideri pure la difficoltà di connettere il pensiero alle leggi di natura, giacché l'attività ideativa è manifestata per mezzo di mezzi fisici, ma non può essere spiegata in toto in termini di reazioni chimiche e di dinamiche biologiche.
Ancora una volta, siamo in presenza di uno iato tra sfera noetica (pensiero, idee, coscienza) e sfera materiale.
In un interessante articolo intitolato Il tempo, l'infinito, l'anima, Alex Torinesi congettura che l'anima sia il principio generatore dello spazio-tempo: l'autore concepisce l'anima come “pura informazione”, nel senso, però, non tanto di trasmissione di un messaggio, ma di formazione delle coordinate spazio-temporali e della materia che ad esse soggiace.
L'informazione è quindi, quasi aristotelicamente, forma.
Tale forma genera la materia per evolvere nello spazio-tempo. La tesi dello studioso si può condividere o rifiutare in parte o del tutto, ma è degno di nota che l'autore colga il lato produttivo dell'informazione, non semplice segnale diffuso nello spazio-tempo, grazie ad un medium energetico (onde elettromagnetiche in primis).
Forse potremmo accostare, consapevoli che è una metafora, ma la metafora non è solo una figura retorica, piuttosto il cuore del linguaggio, il concetto all'anima ed il significante (suono, lettere del segno) alla mente che, per esprimere idee, ha bisogno di un quid energetico (segnali bio-chimici).
Tale modello interpretativo rispecchia la teoria di Torinesi sulla genesi della dimensione cronotopica per opera dell'anima.
La psicologia, le neuroscienze, la filosofia, la fisica quantistica... nei prossimi anni potranno forse riempire il vuoto concettuale che divide mente e materia, se si supereranno banali e riduttivi approcci scientisti.
Data articolo: luglio 2008

lunedì 15 settembre 2008

Comportamento degli adolescenti

di: Johann Rossi Mason
Gli psichiatri Bressa e Bjork:
Non pretendete che i ragazzi si comportino come piccoli adulti
“Alcuni comportamenti degli adolescenti sono inspiegabili per il modo di pensare degli adulti e la proverbiale incomunicabilità tra le generazioni è normale, fisiologica e deriva dalla particolare anatomia cerebrale dei ragazzi” è il parere dello psichiatra Giorgio Maria Bressa, docente di psicobiologia del Comportamento all'Università IPU di Viterbo e Direttore Scientifico della associazione Adole-scienza ( www.adole-scienza.it ). La ragione è ampiamente spiegata anche in un editoriale apparso nell’ultimo numero della rivista di psicologia Yourself: “Il cervello degli adolescenti” spiega lo psichiatra“ cresce in maniera continua sino ad oltre i 20 anni e lo fa in modo preciso, rispettando una evoluzione che dapprima privilegia l'area delle emozioni (paure, ansie, istinti) e solo più tardi giunge a completamento, permettendo alle strutture più complesse di perfezionarsi.
I lobi prefrontali, sede anatomica del giudizio e del buon senso tanto auspicato dai genitori, giungono a completa crescita solo verso i vent'anni. A questa età sfumano significativamente velleità, controsensi, comportamenti imprevedibili e irrazionali, tentativi di autonomia e stupidaggini incomprensibili per gli adulti”. I ragazzi provocano, sono oppositivi, talora impenetrabili, riservati, incoscienti e particolarmente predisposti a comportamenti a rischio: “Il cervello dei giovanissimi è molto plastico e ‘impara’ proprio in questi anni le regole dell’adattamento all'ambiente, cosa che non potrebbe fare né prima né dopo” continua il professor Bressa “quasi il 90% dei problemi degli adulti ha avuto la propria fase di gestazione nella cosiddetta ‘età ingrata’.
Non possiamo e non dobbiamo quindi pretendere che i nostri ragazzi si comportino da adulti responsabili e capaci di una capacità di critica anacronistica rispetto allo sviluppo del cervello”. Le argomentazioni dello psichiatra italiano si sposano perfettamente con le scoperte che giungono dagli Stati Uniti: i ricercatori si sono spesso interrogare sui processi di motivazione dei giovani.
La motivazione di un giovane a eseguire azioni che potenzialmente potrebbero essergli utili è più scarsa di quella di un adulto, specialmente se la ricompensa è procrastinata nel tempo. Questo perché nel cervello degli adolescenti il “centro della ricompensa” o del reward non è completamente sviluppato. È il risultato di un recente studio apparso sul Journal of Neuroscience e proprio questi dati spiegano perché i ragazzi adottano comportamenti a rischio come bere alcol, assumere stupefacenti o avere comportamenti sessuali a rischio: in pratica perché si tratta di attività che con un minimo sforzo ricevono una ricompensa elevata dal punto di vista delle emozioni ricevute.
Ecco quello che sostiene il dottor James Bjork, del National Institute of Alcohol Abuse di New York City:
“Abbiamo confrontato con la RMN 12 ragazzi tra i 12 e i 17 anni e 12 giovani adulti tra i 22 e i 28 anni. Mentre si sottoponevano all’esame strumentale abbiamo chiesto loro di eseguire un videogioco: se riuscivano a colpire un bersaglio sullo schermo ricevevano una piccola somma di denaro, altrimenti lo perdevano. Sia nei giovani che negli adulti le immagini della risonanza mostrassero come si attivassero aree del cervello specifiche (striato ventrale, insula destra, talamo dorsale, sezioni dorsali).
Lo “striato ventrale” in cui risiede probabilmente il ‘centro della ricompensa’ mostrava un aumento dell'attività in entrambi i gruppi in rapporto con l’entità della ricompensa in denaro.
Ma lo striato ventrale destro manifestava una minore attivazione nei ragazzi che negli adulti”.
Secondo Bjork altre ricerche hanno già confermato che quest'area è responsabile della motivazione:
“È la regione che controlla quanto un organismo vuole impegnarsi per ottenere una ricompensa.
I dati indicano che sia gli adolescenti che gli adulti sono egualmente felici ed eccitati alla prospettiva di vincere, ma che l'emozione si differenzia nella quantità di sforzo da fare per ottenere il risultato”. Ci potrebbe essere quindi una ragione fisiologica in comportamenti tipici come la difficoltà ad alzarsi la mattina, ad impegnarsi nello studio. Riprende la parola il professor Bressa: “Raramente i ragazzi valutano le conseguenze a lungo termine e il loro senso del futuro è diverso da quello degli adulti. Per questo è meglio che i genitori spieghino le conseguenze immediate dei comportamenti scorretti o dannosi.
Anziché spiegare che fumando potrebbero sviluppare gravi malattie dopo vent'anni è meglio puntare sugli effetti sull'alito, l'ingiallimento dei denti o la peggiore performance sportiva”.

martedì 9 settembre 2008

7 semplici istruzioni per la tutela della salute infantile

a cura di Enrico Loi

Migliorare la salute della popolazione infantile con sette principi di facile comprensione per i genitori:

I sette obiettivi

Le regole del progetto da diffondere sono semplici, ma con importanti effetti positivi sulla salute infantile:
1. Assunzione di acido folico (0.4 mg al giorno) nel periodo periconcezionale fino ai primi tre mesi di gravidanza, per prevenire alcune malformazioni congenite come i difetti del tubo neurale, i difetti settali e troncoconali del cuore, le labiopalatoschisi, le ipo-agenesie degli arti, le uropatie ostruttive. Le previsioni di efficacia evidenziano 897 malformazioni in meno (15.003 invece di 15.900) su un totale di 530.000 nati/anno in Italia.
2. Eliminazione dell'esposizione al fumo di sigaretta nei periodi pre e perinatale. L'esposizione prenatale al fumo di sigaretta aumenta il rischio di basso peso alla nascita, di aborto spontaneo e di mortalità perinatale. Esiste un'associazione tra esposizione al fumo e SIDS e malattie respiratorie (in particolare nel primo anno di vita). Il rischio di SIDS è aumentato di 2-3 volte in figli di fumatrici prima della nascita con un effetto minore in quelli dopo la nascita, mentre per le malattie respiratorie il rischio aumenta da 1.5 a 2.5 volte.
3. Promozione dell'allattamento al seno (preferibilmente fino a sei mesi), con riduzione del rischio di infezioni per il bambino nel primo anno di vita e benefici a lungo termine, come l'effetto protettivo nei confronti di asma, eczema e allergie alimentari. i vantaggi non riguardano solo il bambino, ma anche la salute della donna (riduzione del rischio di emorragia post-partum, recupero più rapido del peso-forma, contraccezione dovuta all'amenorrea lattazionale, aumento di autostima) e la società (riduzione dei costi).
4. Aumento della prevalenza di bambini che dormono in culla in posizione supina, sin dai primi giorni di vita. Il bambino dovrebbe dormire in culla o nel lettino, mentre è sconsigliabile nel letto con i genitori se questi sono fumatori o assumono alcool o farmaci. Le evidenze scientifiche dimostrano che i bambini messi in posizione prona hanno rischio aumentato di SIDS superiore da 1.7 a 12.9 volte rispetto ai bambini i messi in posizione supina. Inoltre, con la posizione supina non aumenta il rischio di soffocamento da rigurgito.
5. Protezione del bambino durante il trasporto in automobile. Per i bambini con età inferiore a un anno vanno usati i seggiolini di sicurezza fissati al sedile, omologati ed equiparati al peso del bambino. Se utilizzati correttamente, i seggiolini riducono il rischio di morte da incidente stradale del 69% sotto l'anno di vita e dei 47% tra 1 e 4 anni.
6. Aumento della prevalenza di bambini sottoposti a vaccinazioni raccomandate per le quali le coperture non siano ottimali( superiori al 90%).
7. Incentivare la lettura ad alta voce da parte dei Monitori al bambino in età prescolare, un'azione che migliora lo sviluppo cognitivo del bambino e promuove anche la relazione genitori-figli.
Come si può evincere, si tratta di una ricerca con una a notevole valenza medico-sociale, che se troverà il modo e i mezzi (i medici di medicina generale sono indispensabili per la piena riuscita dell'operazione) per potersi sciogliere nel bacino d'utenza, dovrebbe ottenere risultati significativi sul piano della prevenzione e della salute pubblica. La ricerca è stata pubblicata sul periodico cartaceo “M.D. Medicina e Doctor”.

venerdì 5 settembre 2008

Unus mundus

a cura: redazione ECplanet
www.echplanet.ch

“L'inconscio collettivo è una parte della psiche che si può distinguere dall'inconscio personale per il fatto che non deve, come questo, la sua esistenza all'esperienza personale e non è perciò un'acquisizione personale... il contenuto dell'inconscio collettivo è formato essenzialmente da archetipi. Il concetto di archetipo, che è un indispensabile correlato dell'idea di inconscio collettivo, indica l'esistenza nella psiche di forme determinate che sembrano essere presenti sempre e dovunque”. La supermente corrisponde a ciò che Jung chiamava inconscio collettivo, che non va inteso solo come una metafora. Esistono numerose prove scientifiche della sua esistenza.

L'inconscio collettivo è massa psico-sferica, psico-spaziale, transpersonale, che trascende l'individualità, costituita da archetipi psichici fondamentali e universali, come il binomio “animus-anima” (Jung ha sottolineato che in ogni intimo incontro fra un uomo e una donna vi è sempre uno scambio incrociato, che coinvolge l'uomo e la sua anima femminile, Anima, da una parte, e la donna e la sua anima maschile, Animus, dall'altra), rintracciabili nel simbolismo mitologico, religioso, filosofico, nei sogni, nelle visioni dei singoli individui, e che risalgono all'origine dell'umanità.
In altri termini, si può dire che l'inconscio collettivo è la struttura della psiche dell'intera umanità, sviluppatasi nel tempo e suddivisibile in inferiore, medio e superiore. L'inferiore è legato alle radici arcaiche, al passato dell'umanità; il medio è costituito dai valori socio-culturali in questo attuale momento; il superiore è invece relativo ai valori, alle potenzialità, alle mete future dell'umanità.

Il metodo per esplorare il proprio inconscio e di riflesso quello collettivo consiste dunque nell'interpretazione dei simboli archetipi che emergono sia dai sogni che dall'immaginazione attiva. Guida a questo processo di conoscenza del Se, che totalizzando la storia, i valori e le esperienze collettive stimola la coscienza del singolo a dare significato e guida alla sua esistenza, è ciò che Jung chiama “funzione trascendente”, la stessa di cui parlano i mistici, che sostituendosi all'io cosciente consente di ritrovare una identità latente.

Jung arriva a descrivere il divenire della personalità come dinamica dei contrari (Io-Ombra, Anima-Persona, Logos-Eros) che trova nel Sè una armonia sempre instabile. In seguito, insieme al fisico Wolfgang Pauli, nella famosa teoria Pauli-Jung della “sincronicità”, “connessione a-causale fra stati psichici ed eventi oggettivi”, arrivò a sostenere che l'inconscio collettivo possa in qualche modo influenzare il mondo fisico (convergendo con le scoperte della fisica quantistica).

“Osservati a partire da una prospettiva globale, i fenomeni sincronistici e quelli causali potrebbero essere considerati come due lati di un nastro di Moebius”, scrive Pauli in una lettera al fisico Fierz. Sulla base della teoria della sincronicità, Jung immaginò un mondo unitario, Unus Mundus, guidato dal subconscio di una intelligenza collettiva universale.

Ad un certo stadio, la coscienza umana può arrivare a controllare i fenomeni elementari che hanno luogo nell'universo, fino a trascendere spazio e tempo nel “Kosmokrator”, il Cosmo Creatore, l'universo-rete di cui ogni mente umana è parte attiva e integrante.