di: Johann Rossi Mason
Gli psichiatri Bressa e Bjork:
Gli psichiatri Bressa e Bjork:
Non pretendete che i ragazzi si comportino come piccoli adulti
“Alcuni comportamenti degli adolescenti sono inspiegabili per il modo di pensare degli adulti e la proverbiale incomunicabilità tra le generazioni è normale, fisiologica e deriva dalla particolare anatomia cerebrale dei ragazzi” è il parere dello psichiatra Giorgio Maria Bressa, docente di psicobiologia del Comportamento all'Università IPU di Viterbo e Direttore Scientifico della associazione Adole-scienza ( www.adole-scienza.it ). La ragione è ampiamente spiegata anche in un editoriale apparso nell’ultimo numero della rivista di psicologia Yourself: “Il cervello degli adolescenti” spiega lo psichiatra“ cresce in maniera continua sino ad oltre i 20 anni e lo fa in modo preciso, rispettando una evoluzione che dapprima privilegia l'area delle emozioni (paure, ansie, istinti) e solo più tardi giunge a completamento, permettendo alle strutture più complesse di perfezionarsi.
I lobi prefrontali, sede anatomica del giudizio e del buon senso tanto auspicato dai genitori, giungono a completa crescita solo verso i vent'anni. A questa età sfumano significativamente velleità, controsensi, comportamenti imprevedibili e irrazionali, tentativi di autonomia e stupidaggini incomprensibili per gli adulti”. I ragazzi provocano, sono oppositivi, talora impenetrabili, riservati, incoscienti e particolarmente predisposti a comportamenti a rischio: “Il cervello dei giovanissimi è molto plastico e ‘impara’ proprio in questi anni le regole dell’adattamento all'ambiente, cosa che non potrebbe fare né prima né dopo” continua il professor Bressa “quasi il 90% dei problemi degli adulti ha avuto la propria fase di gestazione nella cosiddetta ‘età ingrata’.
Non possiamo e non dobbiamo quindi pretendere che i nostri ragazzi si comportino da adulti responsabili e capaci di una capacità di critica anacronistica rispetto allo sviluppo del cervello”. Le argomentazioni dello psichiatra italiano si sposano perfettamente con le scoperte che giungono dagli Stati Uniti: i ricercatori si sono spesso interrogare sui processi di motivazione dei giovani.
La motivazione di un giovane a eseguire azioni che potenzialmente potrebbero essergli utili è più scarsa di quella di un adulto, specialmente se la ricompensa è procrastinata nel tempo. Questo perché nel cervello degli adolescenti il “centro della ricompensa” o del reward non è completamente sviluppato. È il risultato di un recente studio apparso sul Journal of Neuroscience e proprio questi dati spiegano perché i ragazzi adottano comportamenti a rischio come bere alcol, assumere stupefacenti o avere comportamenti sessuali a rischio: in pratica perché si tratta di attività che con un minimo sforzo ricevono una ricompensa elevata dal punto di vista delle emozioni ricevute.
Ecco quello che sostiene il dottor James Bjork, del National Institute of Alcohol Abuse di New York City:
“Abbiamo confrontato con la RMN 12 ragazzi tra i 12 e i 17 anni e 12 giovani adulti tra i 22 e i 28 anni. Mentre si sottoponevano all’esame strumentale abbiamo chiesto loro di eseguire un videogioco: se riuscivano a colpire un bersaglio sullo schermo ricevevano una piccola somma di denaro, altrimenti lo perdevano. Sia nei giovani che negli adulti le immagini della risonanza mostrassero come si attivassero aree del cervello specifiche (striato ventrale, insula destra, talamo dorsale, sezioni dorsali).
Lo “striato ventrale” in cui risiede probabilmente il ‘centro della ricompensa’ mostrava un aumento dell'attività in entrambi i gruppi in rapporto con l’entità della ricompensa in denaro.
Ma lo striato ventrale destro manifestava una minore attivazione nei ragazzi che negli adulti”.
Secondo Bjork altre ricerche hanno già confermato che quest'area è responsabile della motivazione:
“È la regione che controlla quanto un organismo vuole impegnarsi per ottenere una ricompensa.
I dati indicano che sia gli adolescenti che gli adulti sono egualmente felici ed eccitati alla prospettiva di vincere, ma che l'emozione si differenzia nella quantità di sforzo da fare per ottenere il risultato”. Ci potrebbe essere quindi una ragione fisiologica in comportamenti tipici come la difficoltà ad alzarsi la mattina, ad impegnarsi nello studio. Riprende la parola il professor Bressa: “Raramente i ragazzi valutano le conseguenze a lungo termine e il loro senso del futuro è diverso da quello degli adulti. Per questo è meglio che i genitori spieghino le conseguenze immediate dei comportamenti scorretti o dannosi.
Anziché spiegare che fumando potrebbero sviluppare gravi malattie dopo vent'anni è meglio puntare sugli effetti sull'alito, l'ingiallimento dei denti o la peggiore performance sportiva”.
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