Liberamente tratto da:
Benjamin Libet ripropone il grande problema del libero arbitrio, che fa parte del più generale problema del rapporto mente-corpo.
Libet, insieme ad alcuni collaboratori, in una serie di esperimenti condotti nei primi anni '80, si poneva l'obiettivo di trovare delle relazioni quanto più possibili precise tra l'esperienza cosciente (vedi coscienza) e l'attivazione di determinate zone cerebrali. Le indagini sul campo condotte da Libet possono essere generalmente divise in due fasi principali:
1. Ricerche tese a mettere in rapporto la percezione cosciente di stimoli sensoriali (tattili) con i relativi correlati neurali. Libet trovò che le stimolazioni a livello cutaneo venivano percepite consapevolmente dal soggetto soltanto dopo circa 150 msec. dopo il loro inizio, mentre non veniva avvertita alcuna sensazione se lo stimolo durava meno di 150 msec. In un'altra serie di esperimenti, in cui i soggetti (pazienti che dovevano essere sottoposti ad operazioni al cervello ), erano stimolati con deboli correnti per mezzo di elettrodi inseriti direttamente in zone circoscritte della corteccia note per il loro coinvolgimento nella sensazione cutanea Libet rilevò invece un intervallo di tempo di circa 0,5 sec. tra la sollecitazione e la relativa esperienza avvertita a livello cosciente. Anche in questo caso, se la sollecitazione aveva una durata inferiore, non veniva percepita coscientemente dal soggetto.
2. Ricerche che miravano a individuare la relazione tra l'intenzione cosciente - la volontà del soggetto - di compiere determinati movimenti e l'attivazione di specifici gruppi neuronali, segnalata da potenziali elettrici misurati con elettrodi collocati sul cranio.
Le conclusioni tratte da Libet furono che le azioni volontarie incominciano a livello neurale, come segnalato dal potenziale di preparazione, e solo successivamente (dopo almeno 300-350 msec.) il soggetto diviene consapevole dell'intenzione di agire. Se tuttavia l'attività cerebrale preposta all'azione volontaria si manifesta prima del sorgere della volontà di agire, questa appare piuttosto una conseguenza dell'attività stessa, e non il fattore che la determina. E' facile rendersi conto che, in tale prospettiva, la concezione di un soggetto in grado di agire in maniera autonoma appare irrimediabilmente compromessa. Libet suggerisce di assegnare al libero arbitrio un ruolo più ridotto rispetto a quello ad esso riconosciuto tradizionalmente: il libero arbitrio non consisterebbe nella capacità di dare il via all'azione, bensì nella possibilità di decidere nel momento del manifestarsi dell'intenzione cosciente (300-350 msec. dopo l'inizio del potenziale di preparazione, ma 150-200 msec. prima dell'effettivo inizio dell'azione), se dar corso all'azione o se inibirla.
Il ruolo della volontà - del libero arbitrio - si svolgerebbe, nell'ottica libettiana, soltanto nel senso del controllo, dell'inibizione, nei confronti di azioni che vengono predisposte, in maniera del tutto inconscia, a livello neuronale.
Riferimenti bibliografici :
Libet,B. Mind time. Il fattore temporale nella coscienza, Raffaello Cortina, Milano, 2007
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