martedì 7 ottobre 2008

Anticipazione percettiva

di: Paolo Manzelli/University of Florence
Il nostro cervello anticipa continuamente il corso futuro degli eventi; tale naturale possibilità serve e garantire una continuità temporale tra passato presente e futuro.
Certamente il cervello non è un apparato “veggente” cioè proiettato solo verso il futuro, ma comunque possiede in parte anche queste possibilità.
Vediamone scientificamente il perché !
Il bambino appena nato non “vede nulla” dato che non ha alcuna possibilità di riconoscimento.
Infatti deve ancora costruire la propria memoria. percettiva. ricevendo la informazione sull'ambiente mediante i sensi che forniscono con continuità le differenze spaziali e le differenze temporali tra stati successivi degli eventi, permettendo la memorizzandone una traccia mnemonica necessaria per attuare il riconoscimento significativo della percezione visiva. Il riconoscimento mnemonico permette infatti di attuare una distinzione tra i singoli eventi percepiti ed il flusso continuo di ciò che è percepito attraverso i sensi, permettendo di focalizzare e stabilizzare la percezione delle informazione ricevuta dai sensi.
La memoria serve pertanto a dare un senso riconoscibile ad una informazione che di per se stessa non ne ha alcuna, essendo composta solo da una collezione di passate differenze informative recepite per via sensoriale.
Tale ragionamento serve a capire che il cervello utilizzando di differenti modalità di integrazione delle aree che memorizzano a breve e lungo termine, compie una duplice funzione attribuibile alla parallela attività dei due emisferi cerebrali... Infatti mentre da un lato il cervello tende a compiere una categorizzazione seriale degli stimoli sensoriali suddividendoli, nella memoria a lungo termine, in categorie riconoscibili come sensazioni, dall'altro tende a dare significato anticipativo alla informazione elaborando, (con modalità sinergiche più proprie della memoria a breve termine), un pronostico necessario per interpretare la dinamica degli eventi evitando in tal modo una scissione della coscienza tra passato presente e futuro. Possiamo avvalorare tale interpretazione della percezione ricordando ad esempio il fatto che quando ( noi occidentali) andiamo in Cina gli asiatici ci appaiono tutti simili , così come per loro sembriamo a prima vista sostanzialmente tutti uguali quando vengono da noi.
Ciò accade perché il cervello nella sua categorizzazione mnemonica tende a costruire un modello dei tratti caratteristici del volto di mediando le informazioni tra tutte le facce note in modo da poter riconoscere più facilmente le minime differenze tra un volto ed un altro.
L'europeo quindi costruisce i volti sulla base di un modello, ma se il modello del volto dei cinesi è fortemente diverso il cervello deve rielaborare una nuova categoria partendo dal mediare i connotati disponibili delle facce visibili nel nuovo ambiente così da poterne nuovamente apprezzare le minime differenze rispetto al nuovo modello cognitivo e distinguere nuovamente ciascun volto.
L'uomo evidentemente e più sensibile ai volti umani a partire da quello della mamma, ma un tale andamento di riconoscimento percettivo avviene anche per tutte le altre cose osservabili.
Certamente senza una contemporanea funzionalità di ricostruzione anticipativa della dinamica degli eventi ci ritroveremo a vivere in un gap temporale che viene compensato proprio dalla innata capacita intuitiva ed immaginativa che si ritiene già sviluppata nella vita intra-uterina e che inoltre durante la vita ci disponiamo ad allenare frequentemente sognando.
La storia della scienza e una dimostrazione di come il cervello sappia elaborare l'immaginario percettivo generando logiche interpretative con cui vengono affrontate le problematiche osservate per dimensionare un pronostico anticipativo degli eventi e pertanto per esplorare il futuro.
Oggi le “neuroscienze cognitive” hanno iniziato a comprendere le basi neurologiche per mezzo delle quali il cervello acquisisce una percezione significativa del mondo generando una percezione visiva che altro non e che lo scenario delle nostre interazioni possibili con l'ambiente in cui viviamo. In conclusione oggi ci troviamo a dover rivedere le concezioni che in passato hanno fatto ritenere che il vedere con gli occhi, avvenisse creando una immagine impressa direttamente sulla retina, così come fa una macchina fotografica, per poi essere poi trasmessa memorizzata dal cervello similmente a ciò che avviene nello sviluppo di una pellicola fotografica.
In vero tale interpretazione è evidentemente ormai obsoleta anche perché non prende nella benché minima considerazione il fatto che comunque infine siamo noi a vedere la fotografia. Pertanto dobbiamo considerare che tale interpretazione delle nostre modalità di vedere è stata basata su un modello meccanico della percezione che è stato concepito con troppa semplicità proprio in quanto in realtà nell'occhio non si rileva alcuna immagine già descritta né come forme e neppure come colori.
La retina è invece un ricettore di un flusso di informazione che viene canalizzato da sistemi a duplice di polarizzazione per attuare una doppia analisi significativa nei due emisferi cerebrali del cervello che nella loro sintesi costruiscono interattivamente il mondo che vediamo come previsione delle nostre possibili interazioni con l'ambiente.

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